Archivio per marzo 2006

Marian Keyes: Santa Monica

La messa a Las Vegas era molto diversa da come la ricordavo in Irlanda. Il giovane e aitante sacerdote era fuori a stringere la mano ai fedeli che entravano e la chiesa, piacevolmente fresca, era gremita da gente stranamente giovane e bella.
Mentre ci stringevamo in un banco lucido qualcuno stava provando il microfono e poi una stridula voce di donna annunciò “Buooon gior-no! Benvenuti alla nostra celebrazione”.
Si sentì il trillo di un campanello e una ragazza con i capelli lunghi e le scarpe di Miu Miu si incamminò lentamente verso l’altare, reggendo sopra la testa un’enorme Bibbia, come se stesse per fare un esorcismo. Dietro di lei veniva il sacerdote e un gruppetto dei chierichetti più carini che avessi mai visto. Salirono i gradini di marmo e all’improvviso lo spettacolo ebbe inizio!
C’erano turisti a Santa Monica? chiese il prete, oppure qualcuno che era stato “lontano”? La parola “lontano” fu pronunciata in tono allusivo, così immaginai non si riferisse a un luogo geografico.
Qualcuno si alzò e tutti si misero ad applaudire, così se ne alzarono altri.
“Attori disoccupati” mormorò Emily “è l’unica occasione che hanno di ricevere applausi”.
(…)
Poi la funzione cominciò. Il mio ricordo più nitido della messa in Irlanda era un povero prete che inveiva a una chiesa mezza vuota: “Bla bla bla, peccatori, bla bla bla, anime nere del peccato, bla bla bla, le fiamme dell’inferno…” ma questo somigliava più a musical: un mucchio di canti e drammatizzazioni dalle letture…suppongo fossero pronti nel caso tra il pubblico, cioè tra i fedeli, ci fosse un produttore.
Non mi sentivo completamente a mio agio in mezzo a tanto zelo e io ed Emily continuavamo a darci gomitate e a ridere di nascosto come se avessimo ancora nove anni.
La funzione raggiunse il climax durante il Padre Nostro, quando ci prendemmo tutti per mano e cantammo.
Emily sorrise sarcastica, lasciando dondolare la mano vuota verso la navata. Ma il sorriso le morì sulle labbra quando l’uomo nel banco di fianco allungò la mano e strinse la sua, costringendola ad uscire dal banco, e me con lei.
Nella fila davanti a me un giovane con un sedere sproporzionatamente grosso cantò tutta la preghiera guardando negli occhi bramosi della sua ragazza. Agghiacciante!
A un certo punto (credo fosse a “…non indurci in tentazione”) dovemmo alzare le mani sopra la testa. Mi venne naturale pensare che con una macchina fotografica piazzata su un cavalletto si sarebbe potuta fare una bellissima foto.
Finito il Padre Nostro, il prete disse “Scambiatevi un segno di pace”. All’improvviso, ricordai che quello era il motivo principale per cui avevo smesso di andare a messa. E’ terribile essere costretti a dimostrarsi affettuosi, soprattutto la domenica mattina. In Irlanda ci limitiamo al minimo indispensabile: ci sfioriamo la mano borbottando “La pace sia con te”, evitando accuratamente di guardaci negli occhi. Ma avevo il sospetto che adesso non ce la saremmo cavata così facilmente, e in effetti finimmo praticamente per fare sesso con chi ci stava attorno.
La gente usciva dai banchi, attraversava la navata e abbracciava chiunque capitasse a tiro. Fu orribile. Io mi ritrovai spiaccicata sulla spalla del ragazzo con il culone che aveva cantato per la sua ragazza.
(da “Baci da Malibu” di Marian Keyes, Super tascabili Sperling)

Unmei

Unmei in giapponese vuole dire “destino” ma letteralmente significa “movimento del mondo”.
Trovo che sia un’immagine molto evocativa: il destino di ognuno è legato ai cambiamenti di tutte le cose, materiali e immateriali, che popolano il nostro pianeta.
Per traslato, trovo si addica bene anche a un blog che ha il desiderio di parlare di luoghi, persone e idee.
Il desiderio che ci rende parte del tutto.


marzo: 2006
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